Il Bite, in italiano “placca occlusale”, è un dispositivo intraorale molto utilizzato dagli odontoiatri. Esso infatti permette di intervenire in numerose situazioni patologiche sia in ambito ortodontico che parodontale, protesico, riabilitativo e traumatologico.
L’indicazione tuttavia principale per il suo utilizzo è quella del trattamento delle disfunzioni dell’apparato masticatorio: i cosiddetti Disturbi Temporo Mandibolari (DTM) o Disturbi Cranio Cervico Mandibolari (DCCM).
Quando si parla delle disfunzioni dell’apparato masticatorio, che sono causa di dolore e di limitazioni funzionali, il primo pensiero è quello di incolpare del fenomeno l’articolazione temporo mandibolare (ATM) perché essa è il cardine attorno al quale si realizzano tutti i movimenti della mandibola quando attua le diverse funzioni proprie di tale apparato: masticazione, deglutizione, fonazione, suzione,respirazione etc.
In realtà tale articolazione soltanto in pochi casi è la vera causa della disfunzione rilevata mentre molto più spesso è essa stessa vittima di un lavoro muscolare quotidiano non equilibrato svolto dai muscoli masticatori e dai muscoli ad essi correlati .
In termini generali le cause che stanno alla base dei disequilibri muscolari possono essere dovute a diversi fattori, spesso tra di loro associati. In una sintesi estrema potremmo riferirle o ad un problema nelle strutture che realizzano e definiscono il movimento, quindi i muscoli, o ad un problema nelle componenti che lo regolano e lo controllano, quindi i recettori ed il sistema nervoso o, come spesso succede, al contemporaneo difetto di entrambe.
Nel caso specifico di una disfunzione dell’apparato masticatorio, il disequilibrio dei muscoli può quindi dipendere: dai denti che mancano o che sono mal posizionati, dai muscoli masticatori che lavorano disassati per cause interne o esterne alla masticazione, da un’articolazione temporo mandibolare disallineata o, sia in alternativa che in contemporanea, da un problema muscolare cranio cervicale o posturale magari peggiorato dalla perdita della sincronizzazione muscolare come conseguenza di un sistema di regolazione mandato in cortocircuito da uno stato di stress eccessivo e prolungato.
La funzione muscolare, che si costruisce come risposta motoria alle innumerevoli informazioni sensitive provenienti dai diversi distretti funzionali, trova le cause del proprio disequilibrio non tanto nella compromissione della struttura stessa del muscolo ma soprattutto dalla presenza di informazioni sensoriali alterate (incoerenti).
Tali informazioni possono provenire, come detto, dalle strutture proprie dell’apparato masticatorio o originare anche dalle strutture del complesso cranio cervico mandibolare di cui l’apparato masticatorio è parte integrante o ancora dalle numerose componenti del sistema posturale che è l’effettivo contenitore generale di tutti i distretti funzionali sopramenzionati.
La postura è il risultato dell’adattamento dell’uomo, quale sintesi di struttura e funzione, all’ambiente in cui vive ed alla forza di gravità che vi regna.
Un costante lavoro di adeguamento tra forma e funzione con l’obbiettivo di mantenere sotto controllo la qualità delle performances biologiche utili alla sopravvivenza:
In condizioni fisiologiche è la funzione a sottomettere la struttura nel realizzare i meccanismi adattativi necessari a soddisfare il dettato biologico, ma essa ne rimane a propria volta condizionata in patologia quando la struttura, andata incontro a lesioni, la porta verso la disfunzione.
La postura, da un punto di vista bio meccanico, è caratterizzata dalla presenza di una rete tridimensionale di contatti, capace di rispondere meccanicamente ai diversi stimoli fisici e chimici (trasduzione) distribuendo e regolando le forze tensive e compressive che si generano e attraversano tutto il sistema. Un mix di attività in cui vengono coinvolte funzioni diverse: neuro vascolari, chimico metaboliche, psico emozionali.
All’interno di questa rete l’equilibrio meccanico tra le diverse componenti si gioca soprattutto a livello dei fulcri principali: la zona cranio cervicale e la zona lombo sacrale.
Risulta quindi intuitivo affermare che, all’interno di un sistema così organizzato,unico e in equilibrio bio meccanico, i disturbi funzionali e le alterazioni strutturali a carico di un distretto (masticatorio) possono diffondere il proprio malfunzionamento attraverso la richiesta di funzioni adattative sempre più pesanti prima ai distretti regionali limitrofi (cranio cervicale) e via via a quelli più distanti e generali (postura). (vedi Focus ATM DCCM POSTURA)
Esistono diversi tipi di bite per i diversi problemi disfunzionali da affrontare :
Il bite d’avanzamento non risulta molto utilizzato perché, come dimostrato dalle verifiche fatte con la risonanza magnetica, solo raramente esso realizza l’effettivo recupero del disco articolare: ciò può verificarsi con una certa predicibilità solo in soggetti giovani e solo se l’intervento si attua in tempi molto ravvicinati rispetto al momento in cui il disco si è spostato.
Il bite di decompressione va utilizzato solo in particolari situazioni di blocco (locking) articolare monolaterale o bilaterale.
Il bite piatto di stabilizzazione risulta il più utilizzato perché efficace sia per problemi articolari che per problemi muscolari.
Gli squilibri muscolari che si originano a livello della bocca, per qualsivoglia ragione, si traducono sempre in una alterata posizione spaziale della mandibola. Tale alterata posizione condiziona a catena tutta una serie di funzioni sia localmente che nei distretti regionali correlati.
Le cause dello squilibrio muscolare nella maggior parte dei casi è dovuta alla perdita dei denti, perlopiù posteriori, o alla presenza di una malocclusione in cui ci sia una riduzione della dimensione verticale della bocca.
In entrambe queste situazioni si crea una riduzione del volume orale e la lingua, non trovando più sufficiente spazio, deve arretrare verso la faringe producendo a sua volta una riduzione dello spazio respiratorio.
Per ristabilire un corretto spazio respiratorio diventa necessario uno spostamento della parte cervicale della colonna che viene ottenuto richiedendo un compenso alla regione cervicale e quindi alla postura.
Tale adattamento, dovendo avvenire senza modificare la posizione spaziale del cranio, si realizza a livello delle singole vertebre cervicali instaurando così, a questo livello, una situazione potenzialmente disfunzionale.
Non va inoltre dimenticato che la posizione spaziale della lingua ed i suoi movimenti tridimensionali durante la deglutizione, rappresentano un’importante entrata informativa per tutto il sistema posturale, una sorta di giroscopio che, data l’elevata frequenza con cui avviene la deglutizione (2-3/minuto), segnala costantemente le posizioni del capo rispetto al collo.
La bocca e la cervicale rappresentano pertanto un unicum funzionale inscindibile come conferma il fatto che per ogni movimento di apertura e di chiusura della bocca, necessario per masticare, parlare, deglutire, succhiare, c’è sempre bisogno che i muscoli cervicali stabilizzino anticipatamente il cranio sul collo e che viceversa tutti i numerosissimi movimenti del cranio sul collo richiedano un contributo funzionale costante ai muscoli masticatori.
Il bite è in grado di modificare la posizione sbagliata della mandibola e ciò rende ragione del suo utilizzo.
Esso determina un intervento combinato sulle tre componenti funzionali dell’apparato masticatorio che porta al riposizionamento spaziale della mandibola: i denti, i muscoli e l’articolazione stessa.
In sintesi le azioni svolte dal bite sono le seguenti:
Va ricordato che il bite oltre ad avere un utilizzo terapeutico può anche dare un importante contributo diagnostico in quanto, modificando il quadro clinico in meglio o in peggio, fa emergere il peso tra i diversi fattori causali e concausali che stanno alla base del problema disfunzionale analizzato.
In linea generale i fattori che definiscono il successo terapeutico del bite piatto sono:
La funzionalizzazione del bite nella bocca del paziente è assolutamente fondamentale per rendere questo manufatto efficiente e realmente degno di questo nome.
Solo attraverso questa delicata operazione il bite sarà in grado di realizzare quelle condizioni di ripristino dell’informazione fisiologica che sono le uniche in grado di rimodulare le funzioni alterate dell’apparato masticatorio.
Non è infrequente nella pratica quotidiana imbattersi in pazienti disfunzionali che hanno già fatto uno o addirittura più bite senza ottenere il benchè minimo risultato migliorativo.
Alla verifica in bocca tutti questi bite hanno sempre dimostrato in maniera inequivocabile di non essere stati minimamente funzionalizzati ma semplicemente posizionati in bocca così come arrivati dal laboratorio o nella migliore delle ipotesi ritoccati qua e là.
Introdurre in bocca un manufatto così approssimativo non fa altro che aggiungere problema a problema.
La controprova del fatto di quanto la funzionalizzazione risulti fondamentale per la buona efficienza del bite è data dal fatto che, modificando con della resina queste vecchie placche già in possesso dei pazienti, è stato possibile ottenere quei risultati migliorativi che prima non erano presenti.
Un bite efficace deve essere un apparecchio facile da portare e che non crei troppi disagi al paziente, che non stringa troppo i denti su cui calza e nel contempo sia stabile e facile da mettere e da togliere.
Deve inoltre essere capace di introdursi delicatamente nel sistema creando le condizioni basilari perché sia il sistema stesso, autonomamente, a modificare progressivamente le proprie funzioni migliorando le prestazioni e facendo rientrare i sintomi.
Deve realizzare un cambiamento funzionale che non risulti imposto ma che sia semplicemente l’avvenimento di un naturale e spontaneo recupero fisiologico.
Per raggiungere un tale risultato, vanno applicate delle semplici regole che, nel caso di un bite piatto, possono essere così sintetizzate:
Anche la scelta dell’arcata su cui essere posizionato è un fattore importante da considerare: esso dipende per lo più dalla filosofia operativa del singolo terapeuta e dalla presenza o assenza di denti sulle arcate.
Le poche regole di riferimento sono :
Nei fatti, l’esperienza dimostra che il percorso terapeutico con utilizzo del bite può avere due diversi esiti: un successo rapido ed efficace con una soluzione completa del quadro clinico o, in alternativa, uno stato clinico altalenante fatto di quadri subentranti di miglioramento e di peggioramento che, confermando la variabilità e la multicausalità del problema affrontato, rendono la terapia difficile al punto da consigliarne talvolta la sospensione.
Per meglio comprendere tale evoluzione vanno considerati i seguenti punti:
Le domande che ci si deve porre sono numerose:
Per quanto detto risulta assolutamente impossibile trovare solo una o poche cause su cui intervenire e su cui basare una specifica terapia causale. L’intervento il più delle volte non può quindi che essere finalizzato al controllo ed alla gestione dei sintomi (terapia sintomatica) quali il dolore e le limitazioni funzionali la cui scomparsa ed il cui recupero rappresentano l’obbiettivo principale e misurabile del nostro intervento.
L’intervento da predisporre deve pertanto soddisfare quattro precisi requisiti:
essere estremamente conservativo e rispettoso dei territori con cui si confronta riducendo al massimo le modifiche e limitandole a quelle assolutamente certe del risultato
essere sempre reversibile per potersi rimettere nelle condizioni di ristabilire lo status quo antecedente l’intervento qualora la situazione clinica procedesse verso un peggioramento anziché verso l’auspicato miglioramento
essere il più possibile esteso a coprire la maggior parte dei fattori causali presenti o ipotizzati
essere il più possibile contenuto nei costi esecutivi in maniera tale da non rappresentare una controindicazione al suo utilizzo.
In questo senso il bite piatto soddisfa pienamente questi requisiti.
Il Fast Bite è un bite di stabilizzazione o piatto che attraverso la funzionalizzazione mira a ripristinare una condizione funzionale orale certa e ripetibile capace di ridare fiducia al sistema.
La componente “fast” di questo bite sta nella velocizzazione della fase di funzionalizzazione normalmente lunga ed impegnativa al punto tale da non venir fatta o fatta in maniera approssimativa e quindi inutile oltrechè pericolosa.
Tale soluzione permette di realizzare un intervento di alto livello, che soddisfa pienamente i requisiti che ne garantiscono il buon esito ma ha il vantaggio di contenere nel contempo i tempi di realizzazione e quindi di abbattere i costi esecutivi eliminando così quella che in molti casi è, per i pazienti, una controindicazione all’utilizzo del bite.
Tale funzionalizzazione, ridefinendo la posizione della mandibola nella tridimensionalità dello spazio, è in grado di trasformare l’instabilità articolare e muscolare in una stabilità certa e ripetibile.
Il lavoro fatto alla poltrona e della durata di circa trenta minuti è in grado di trasformare un pezzo di resina in un bite efficace favorendo il riposizionamento dei condili in relazione centrica, fornendo un contatto certo, stabile, contemporaneo ed uniforme ai denti antagonisti, conducendo i movimenti eccentrici in maniera sicura e ripetitiva attraverso l’utilizzo di superfici di conduzione lisce, prive di asperità e giustamente inclinate tali da reintrodurre e stabilizzare un funzionamento muscolare e articolare riflesso sicuro ed affidabile per il sistema.